Il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili ed è disciplinato dagli artt. 38 -42 del TUB.

Gli elementi che assumono rilievo sono il requisito soggettivo (l’attività è riservata alle banche) ed il requisito oggettivo (natura del contratto, durata dello stesso e particolari caratteristiche delle garanzie che lo assistono).

La volontà di assoggettare un contratto di finanziamento alla particolare disciplina del credito fondiario è elemento necessario ma non sufficiente a tal fine, dovendosi comunque accertare la presenza di tutti i requisiti previsti dagli articoli 38 e ss. del TUB, in termini di: i) concessione del finanziamento (ovvero effettiva erogazione); ii) durata (medio-lungo termine); iii) rilascio di garanzia ipotecaria (di primo grado su immobili); iv) rispetto dei limiti di finanziamento previsti dalla normativa di riferimento (come richiamati dal secondo comma del medesimo articolo 38 TUB).

Occorre innanzitutto sottolineare che la rilevanza dello scopo nel contratto di finanziamento fondiario sembra da escludersi (Cassazione civile, sez. I, 27/12/2013, n. 28662: “Mentre nel mutuo edilizio la somma concessa, garantita da ipoteca, deve essere destinata a fini immobiliari, in quello fondiario non vi è obbligo di realizzare l’attività programmata poiché non costituisce un mutuo di scopo”, Corte di Cassazione, Sentenza n. 19282/2014: “Il contratto di mutuo non è un mutuo di scopo: ergo, la banca può stipulare un mutuo fondiario per estinguere debiti pregressi ancora esistenti”).

Le parti, nella loro autonomia negoziale, possono comunque attribuire rilevanza ad un particolare scopo per cui il finanziamento viene concesso attraverso l’apposizione di specifica clausola.

Passiamo ora ad analizzare sinteticamente i vari aspetti che caratterizzano il contratto di finanziamento fondiario.

Il requisito della realità del mutuo può essere assolto non solo attraverso la consegna di una determinata quantità di danaro (o di altre cose fungibili) ma anche con il conseguimento della giuridica disponibilità di questa da parte del mutuatario.

Con riferimento alla natura di titolo esecutivo del contratto, relativamente all’idoneità del c.d. mutuo condizionato a costituire titolo esecutivo, in quanto avente i requisiti previsti dall’art. 474 c.p.c., va in primo luogo fatta una distinzione tra i contratti inquadrabili nello schema del c.d. contratto di mutuo stipulato in “atto unico” ed i cosiddetti atti condizionati di mutuo.

Attraverso la prima tipologia di contratti, quella dei mutui stipulati in “atto unico”, utilizzata assai frequentemente nella prassi, le parti danno atto della avvenuta consegna della somma mutuata nel corpo dell’atto e procedono, contestualmente, al deposito dell’importo erogato in un deposito cauzionale intestato alla parte mutuataria, il cui successivo svincolo è condizionato al verificarsi di una serie di eventi, tra i quali assume particolare rilievo l’avvenuta iscrizione ipotecaria sui beni concessi a garanzia del mutuo.

La seconda tipologia di contratto, quella del c.d. “mutuo condizionato”, assolve invece allo scopo – nella normalità e nella maggioranza dei casi – di vincolare la parte mutuante all’erogazione di una certa somma di denaro al verificarsi di condizioni successive, restando assegnata ad altro atto (stipulato successivamente tra le stesse parti, in esito all’avveramento delle condizioni previste), la funzione della consegna al mutuatario della  somma oggetto del finanziamento.

La Suprema Corte con la sentenza n. 17194/2015, pur ribadendo la tesi tradizionale per la quale il mutuo è un contratto reale, che quindi si perfeziona con la consegna della somma data a mutuo, quale elemento costitutivo del contratto (così come il pur necessario consenso legittimamente prestato dalle parti al trasferimento di questa somma), ha chiarito che, ai fini del perfezionamento del contratto di mutuo, la materiale e fisica traditio del denaro nelle mani del mutuatario non sia più necessaria, ritenendo sufficiente “…che questi ne acquisisca la disponibilità giuridica.

“Al fine di verificare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., occorre verificare, attraverso l’interpretazione di esso integrata con quanto previsto nell’atto di erogazione e quietanza o di quietanza a saldo ove esistente, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo e di erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge”.

Le fattispecie aventi i requisiti previsti dall’art. 39, secondo comma del TUB rispondono, perciò, pienamente ai requisiti richiesti dall’art. 474 c.p.c. ai fini dell’esecutività del contratto stesso.

Per quanto concerne il tema della durata del finanziamento, ovvero il riferimento al medio-lungo termine dell’art. 38 del TUB, occorre registrare l’assenza di una definizione, all’interno del TUB, che fornisca una precisa demarcazione temporale sul piano normativo.

Le operazioni a breve termine sono quelle di durata inferiore ai diciotto mesi.

Con riferimento al c.d. limite di finanziabilità, l’art. 38, comma 2 del TUB, affida alla Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, il compito di determinare l’ammontare massimo consentito per i finanziamenti che è pari all’ottanta per cento del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi; tale percentuale può essere elevata sino al cento per cento solo qualora vengano prestate garanzie integrative.

La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire recentemente – con la sentenza Cass. 12.04.2018, n. 9079 – che tale rapporto deve essere verificato in senso sostanziale, e non solo formale (attraverso una semplice perizia di parte).

La Cassazione, a partire dalla sentenza n 17352/2017 sembra aver consolidato il proprio orientamento sulla questione optando per la tesi che la violazione dei limiti di finanziabilità produca la nullità del contratto ferma restando tuttavia la possibilità della sua conversione ex art. 1424 c.c.

Il mancato rispetto del limite di finanziabilità ai sensi dell’art. 38 co. 2 del TUB e della conseguente delib. Cicr., determina di per sè la nullità del contratto di mutuo fondiario; e poichè il detto limite è essenziale ai fini della qualificazione del finanziamento ipotecario come, appunto, fondiario, secondo l’ottica del legislatore, lo sconfinamento di esso conduce automaticamente alla nullità dell’intero contratto fondiario, salva la possibilità di conversione di questo in un ordinario finanziamento ipotecario ove ne risultino accertati i presupposti.

Il limite dell’80% può innalzarsi fino al 100% del valore del bene ipotecato ovvero del costo delle opere da realizzare a condizione che le garanzie integrative rilasciate siano costituite da: fideiussioni bancarie ed assicurative, polizze assicurative, cessioni di annualità o contributi a carico dello Stato o di altri enti pubblici, fondi di garanzia ed altre garanzie ritenute idonee dalla Banca d’Italia.